In questo articolo esploriamo come il linguaggio può diventare uno strumento di lavoro: cosa dire, cosa evitare e come accompagnare l’utente nelle prime settimane, quando la compliance si decide.
Nel percorso audioprotesico la tecnologia è fondamentale, ma sono le parole a costruire, o ad ostacolare, l’alleanza terapeutica. Paure, aspettative irrealistiche e vissuti emotivi influenzano l’uso degli apparecchi molto più di quanto si pensi.
Le prime settimane con un apparecchio acustico sono un territorio delicato.
Il paziente/cliente non sta solo “ascoltando suoni nuovi”: sta ridefinendo la propria identità, il proprio ruolo sociale, la propria percezione di sé. Una frase ambigua o troppo tecnica può aumentare l’ansia. Una frase chiara, empatica e normalizzante può invece cambiare il modo in cui vive l’esperienza.
In altre parole: il linguaggio non accompagna il fitting, è parte del fitting.
«Quello che stai vivendo adesso è normale: il cervello si sta riabituando».
Riduce l’idea che “ci sia qualcosa che non va”. Trasforma la fatica in segnale di progresso.
«Non è un dispositivo perfetto dal primo giorno: è un percorso che facciamo insieme».
Crea alleanza, responsabilità condivisa e attenua l’aspettativa magica dell’effetto immediato.
«Se qualcosa ti sembra insolito, raccontamelo: lo osserviamo insieme».
Invita alla comunicazione, elimina il senso di colpa e normalizza la richiesta di aiuto.
«Tu conosci la tua quotidianità, io conosco la tecnologia: uniamo le due cose».
Restituisce competenza al paziente, equilibra i ruoli e crea cooperazione.
«Ci saranno miglioramenti graduali: alcune cose le noterai subito, altre arriveranno con il tempo».
Costruisce aspettative realistiche senza smorzare l’entusiasmo.
🔴 «Ci vorrà un po’ di tempo, devi solo abituarti».
Sottintende passività, solitudine nel processo, e può suonare come “è un tuo problema”.
🟢 «L’adattamento è un processo attivo: io ti accompagno passo dopo passo».
🔴 «È tutto normale, tranquillo».
Sdrammatizza troppo, rischia di invalidare l’esperienza soggettiva.
🟢 «Capisco che possa essere fastidioso. Succede spesso all’inizio, e si può lavorare per migliorarlo».
🔴 «Li devi usare più ore, altrimenti non funziona».
Crea senso di colpa e mette in discussione la capacità del paziente/cliente.
🟢 «Più li indossi, più il cervello accelera l’adattamento. Se incontri momenti difficili, li affrontiamo insieme».
🔴 «L’apparecchio funziona, il problema non è tecnico».
Frase percepita come giudicante, rischia di rompere l’alleanza.
🟢 «L’apparecchio sta lavorando in modo corretto, ora capiamo insieme cosa succede nella tua percezione».
🔴 «Non preoccuparti, capita a tutti».
Suona superficiale.
🟢 «Questa sensazione è comune, ma il modo in cui la vivi tu è importante. Raccontami cosa provi».
Il counselling non richiede discorsi lunghi. Richiede precisione, ascolto e cura.
Ecco tre interventi comunicativi che fanno spesso la differenza.
«Questa fase è una risposta del cervello, non un errore del dispositivo.»
Aiuta a interpretare correttamente le sensazioni.
«Possiamo fare piccole regolazioni per migliorare la tua esperienza.»
Riduce il senso di passività.
«Nei primi giorni restiamo in contatto: ci aggiorniamo e lavoriamo insieme sull’adattamento.»
Crea continuità e sicurezza.
Sono frasi semplici, ma hanno un effetto concreto sulla stabilità d’uso.
L’obiettivo non è “convincere”, ma tradurre cosa significa vivere un apparecchio acustico. L’utente deve uscire con una narrativa chiara: non “provo un dispositivo”, ma “inizio un percorso”.
Il linguaggio deve essere anticipatorio: «Quando rientri a casa potresti notare…».
Le sorprese generano ansia; le anticipazioni generano fiducia.
Qui il linguaggio diventa rinforzo positivo: «Hai fatto un passo importante»,
oppure riformulazione: «Questa è una difficoltà comune, ma significa che l’adattamento è attivo.»
Il follow-up non regola solo i parametri tecnici: regola la percezione dell’esperienza.
Un apparecchio acustico può essere tecnicamente impeccabile, ma senza una guida comunicativa chiara il percorso rischia di diventare fragile. Le parole dell’audioprotesista orientano l’esperienza: aiutano a dare significato alle sensazioni iniziali, riducono incertezza e timori, costruiscono continuità.
In audioprotesi, la tecnologia fa sentire, la comunicazione permette di restare nel percorso.