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Intelligenza artificiale e audioprotesi: cosa cambia davvero in pratica

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Questo articolo propone una lettura critica dell’AI nell’ambito audioprotesico, senza legarla a singoli dispositivi, ma concentrandosi sulle competenze che l’audioprotesista dovrà rafforzare nei prossimi anni.

L’intelligenza artificiale sta trasformando molti settori sanitari, generando entusiasmo, aspettative e - a volte - idee poco realistiche. Anche l’audioprotesi sente l’impatto di questo cambiamento culturale, soprattutto nel modo in cui gli utenti immaginano la tecnologia e nel tipo di domande che portano nel centro acustico.

AI: tra mito tecnologico e realtà professionale

Quando si parla di intelligenza artificiale applicata all’udito, il rischio più grande è quello di aspettative eccessive.
Molti pazienti associano la parola “AI” all’idea che tutto diventi immediato, naturale, automatico. Che l’apparecchio acustico “pensi da solo”, risolva il parlato nel rumore in ogni contesto e riproduca una percezione identica a quella precedente la perdita uditiva.

La realtà è più complessa, ma anche più interessante: l’AI non sostituisce l’audioprotesista, né il processo di adattamento, né le verifiche oggettive. Piuttosto, fornisce strumenti più raffinati per analizzare l’ambiente sonoro e automatizzare alcune scelte che, fino a pochi anni fa, richiedevano regolazioni manuali.

L’intelligenza artificiale, quindi, non è “magia”: è un insieme di algoritmi che aiutano l’apparecchio a interpretare meglio ciò che accade attorno all’utente.
Ma l’efficacia finale dipende ancora da valutazioni professionali, scelte personalizzate e, soprattutto, dalla relazione con il paziente.

Come l’AI cambia le aspettative degli utenti

L’impatto più forte dell’AI, oggi, è culturale.
Le persone si aspettano tecnologie immediate, invisibili, senza attriti. I pazienti arrivano nello studio con un’idea molto precisa,  e spesso fin troppo ottimistica, di ciò che un apparecchio acustico può realmente fare.

Questo scenario richiede all’audioprotesista una competenza comunicativa nuova: saper spiegare l’AI senza banalizzarla, ma anche senza trasformarla in una promessa totalizzante.

Diventa quindi fondamentale possedere strumenti concreti per gestire questa nuova narrativa: così da evitare fraintendimenti, prevenire frustrazioni e guidare il paziente verso aspettative realistiche e un percorso di adattamento consapevole.

L’AI come supporto, non come sostituto

Nonostante i progressi, l’AI non elimina la necessità del fitting personalizzato. I riferimenti oggettivi arrivano dalle misurazioni in vivo e dalle verifiche acustiche, mentre le valutazioni soggettive restano indispensabili per comprendere comfort e qualità percepita.

L’algoritmo può ottimizzare alcune dinamiche, ma non può conoscere la storia del paziente, il modo in cui elabora il parlato, le sue priorità comunicative o il suo vissuto emotivo.

Per questo l’audioprotesista rimane al centro del percorso: la tecnologia automatizza, ma è il professionista che interpreta, adatta, educa e accompagna.

Cosa cambia davvero nella pratica audioprotesica

L’introduzione dell’AI rende ancora più centrale la capacità dell’audioprotesista di interpretare, guidare e contestualizzare ciò che la tecnologia fa. In particolare, richiede un rafforzamento di alcune competenze chiave:

Spiegare come funziona davvero l’AI

Non basta elencare le funzioni: serve tradurre il comportamento dell’algoritmo in effetti concreti per il paziente, chiarendo cosa può aspettarsi e cosa non rientra nelle possibilità dell’apparecchio.

Gestire le aspettative in modo realistico

L’AI porta molti utenti ad aspettarsi risultati immediati o “automatici”. Il ruolo dell’audioprotesista è trasformare queste aspettative in obiettivi concreti e raggiungibili, evitando fraintendimenti che possono interferire con il percorso.

Riconoscere e interpretare le difficoltà delle prime settimane

Con l’AI non scompare la fase in cui l’utente deve familiarizzare con un nuovo modo di ascoltare. Cambiano alcuni automatismi dell’apparecchio, ma l’adattamento richiede tempo, monitoraggio e accompagnamento. Servono ascolto, osservazione e regolazioni mirate.

Integrare algoritmi e verifiche oggettive

L’AI può migliorare la gestione del segnale, ma non sostituisce la verifica di come l’apparecchio performa durante l’utilizzo. Le misurazioni in vivo e i controlli acustici restano il riferimento per valutare l’efficacia del fitting e guidare eventuali regolazioni.

Rafforzare il counseling come parte integrante del percorso

L’AI modifica l’esperienza d’ascolto e può generare dubbi o aspettative. La consulenza dell'audioprotesista aiuta a interpretarli, a guidare il paziente nelle scelte e a costruire una relazione che renda la tecnologia davvero utilizzabile nella vita quotidiana.

Guardare avanti con senso critico

L’obiettivo non è rincorrere ogni novità tecnologica, ma comprendere quali innovazioni siano davvero utili nel percorso audioprotesico.
L’AI sarà un alleato importante per migliorare la qualità dell’ascolto e la gestione dei contesti complessi, ma non cambia la natura profonda del lavoro dell’audioprotesista: rimangono centrali l’ascolto attivo, le misurazioni accurate, il counseling e la personalizzazione delle scelte.

La tecnologia avanza. La professione si rafforza. E l’audioprotesista del futuro sarà decisivo proprio perché porterà competenze umane che nessun algoritmo potrà mai sostituire.

Fonti:

  • Aarnisalo E., et al. (2023) – Artificial Intelligence in Hearing Healthcare: State of the Art.

  • Documet N. (2022) – Machine Learning Approaches in Hearing Aids: Opportunities and Limitations.

  • Høydal E.H. (2020)Deep Neural Networks in Noise Reduction for Hearing Aids.

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Lorenzo Centurelli
Muove i suoi primi passi nel mondo professionale più di trent'anni fa; grazie alle esperienze maturate nella transizione da incarichi tecnici a ruoli di business strategico e marketing in aziende italiane e internazionali, oggi formula strategie innovative ed efficaci per guidare la crescita e il successo delle imprese.
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